
Nel corso della cerimonia ufficiale per il Giorno della Memoria che si
terrà mercoledi 27 gennaio presso la Prefettura di Arezzo saranno
insigniti della Medaglia d'Onore del Capo dello Stato 23 cittadini della
Provincia di Arezzo tra i quali anche i familiari del cittadino
castelfranchese Elio Ferrini, deportato a 18 anni e internato per quasi
due anni nei campi di concentramento nazisti di Norimberga, Mauthausen e
Dachau. Nato a Bibbiena nel 1924, Elio Ferrini ha trascorso gli ultimi
anni della sua vita a Castelfranco di Sopra con la moglie Giuseppa e la
figlia Anna Maria, insegnante della locale scuola materna. "Nella sua
permanenza a Castelfranco, ricorda il Sindaco Rita Papi, Elio Ferrini si
è fatto apprezzare per la dignità e la saggezza, di ha dovuto affrontare
le esperienze più tragiche della nostra storia. Riportiamo alcuni passi
dei suoi racconti, semplici e toccanti, che ci fanno rivivere il dramma
dei campi di sterminio e riaffermano ancora oggi il valore e il
significato al Giorno della Memoria".
"Eran treni di bestie. Eran carri bestiame. Dentro ci mandavino una
cinquantina, sessanta e poi lo sigillavano, di fori. Non s'aveva niente da
mangiare e niente da bere. Poi ci portarono in Germania ma non
direttamente. Ce buttavano nei binari morti perché doveva passare i treni
per la guerra ... Ti tenevin lì tre o quattro giorni, al sole, e bere e
mangiare niente... S'arrivò al campo di concentramento. Se prese i morti e
se sotterrono tutti dietro al fosso della ferrovia. Una decina di giorni
senza mangiare e senza bere, con quel caldo, la gente moriva. Bisogna
raccontarle queste cose ai giovani, ma quello che non sa la guerra come è,
non crede a questo massacro. Sono state fatte delle cose che non esistono
sopra la terra. Quando hai provato tutti i giorni la morte alla gola, uno
preferisce morire che vivere tutti i giorni così. E mi ricordo le
decimazioni. Ci chiamavano nel cortile. Contavano fino a 10 e il decimo
moriva. Io avevo bell'e fatto il conto, feci finta di cascare e per quel
giorno mi salvai perché la morte è sempre l'ultima. E mi ricordo la fame.
L'è una cosa che senza provare non ci si può rendere conto. E mi ricordo
la paura. Tu svieni dalla paura. E mi ricordo la disperazione. Anche
quella era una cosa grave, ma grave, non poco, grave tanto. La
disperazione era dormire in un telo da tenda che dopo mezz'ora era
fradicio, era stare a aspettare chi non verrà mai. (Elio Ferrini)
terrà mercoledi 27 gennaio presso la Prefettura di Arezzo saranno
insigniti della Medaglia d'Onore del Capo dello Stato 23 cittadini della
Provincia di Arezzo tra i quali anche i familiari del cittadino
castelfranchese Elio Ferrini, deportato a 18 anni e internato per quasi
due anni nei campi di concentramento nazisti di Norimberga, Mauthausen e
Dachau. Nato a Bibbiena nel 1924, Elio Ferrini ha trascorso gli ultimi
anni della sua vita a Castelfranco di Sopra con la moglie Giuseppa e la
figlia Anna Maria, insegnante della locale scuola materna. "Nella sua
permanenza a Castelfranco, ricorda il Sindaco Rita Papi, Elio Ferrini si
è fatto apprezzare per la dignità e la saggezza, di ha dovuto affrontare
le esperienze più tragiche della nostra storia. Riportiamo alcuni passi
dei suoi racconti, semplici e toccanti, che ci fanno rivivere il dramma
dei campi di sterminio e riaffermano ancora oggi il valore e il
significato al Giorno della Memoria".
"Eran treni di bestie. Eran carri bestiame. Dentro ci mandavino una
cinquantina, sessanta e poi lo sigillavano, di fori. Non s'aveva niente da
mangiare e niente da bere. Poi ci portarono in Germania ma non
direttamente. Ce buttavano nei binari morti perché doveva passare i treni
per la guerra ... Ti tenevin lì tre o quattro giorni, al sole, e bere e
mangiare niente... S'arrivò al campo di concentramento. Se prese i morti e
se sotterrono tutti dietro al fosso della ferrovia. Una decina di giorni
senza mangiare e senza bere, con quel caldo, la gente moriva. Bisogna
raccontarle queste cose ai giovani, ma quello che non sa la guerra come è,
non crede a questo massacro. Sono state fatte delle cose che non esistono
sopra la terra. Quando hai provato tutti i giorni la morte alla gola, uno
preferisce morire che vivere tutti i giorni così. E mi ricordo le
decimazioni. Ci chiamavano nel cortile. Contavano fino a 10 e il decimo
moriva. Io avevo bell'e fatto il conto, feci finta di cascare e per quel
giorno mi salvai perché la morte è sempre l'ultima. E mi ricordo la fame.
L'è una cosa che senza provare non ci si può rendere conto. E mi ricordo
la paura. Tu svieni dalla paura. E mi ricordo la disperazione. Anche
quella era una cosa grave, ma grave, non poco, grave tanto. La
disperazione era dormire in un telo da tenda che dopo mezz'ora era


